Rimasto del tutto indifferente alla glorificazione tipica dell’attuale show business, l’Alan Parsons Project è riuscito a dimostrare che anche senza le luci della ribalta, superstar del rock nella band e canzoni composte per l’occasione è possibile raggiungere risultati di altissimo livello.
Dopo aver maturato una solida esperienza come ingegnere del suono presso la EMI, per la quale aveva curato personalmente diversi album di Paul McCartney e lo straordinario Dark Side of the Moon dei Pink Floyd nei mitici studios di Abbey Road, Alan Parsons decise di muovere i primi passi da solista. Mentre il suo co-producer scriveva le canzoni, Parsons che ha sempre avuto un infallibile istinto per il suono si occupò di creare una originalissima commistione di suoni sintetici e naturali.
Come tutti i primi album dell’Alan Parsons Project, anche Eye in the Sky si riallaccia ai temi più scottanti di quegli anni.
Refrattarie a porsi interrogativi per il futuro, le canzoni di questo disco sono pervase da uno spirito piuttosto scontroso, che crea uno stridente contrasto con i decisi ritmi rock, del tutto esenti da qualunque diavoleria elettronica.
A questo si aggiungono sorprendenti passaggi armonici nella polifonia vocale (“Gemini”), ottoni che impazzano su ritmi spagnoleggianti (“Silence and I”) e un morbido tappeto di archi (“Old and Wise”), il tutto esaltato dai prodigi realizzati dalla consolle da quello straordinario mago del suono che è Alan Parsons.